Leyla

Aglaia Merkel Bertoldi

Leyla | Aglaia

Leyla ha undici anni, è studiosa e gentile, è convinta che i suoi occhi le permettano di vedere dove si trova sua madre e di osservare ciò che osserva lei.


Sinossi

Leyla ha undici anni, è studiosa e gentile. I suoi occhi però sono blu, non azzurri, proprio blu.
È preoccupata per il primo giorno di scuola media, perché non ha ancora l’amica del cuore. Nella vecchia città non aveva amici, perché tutti la prendevano in giro per via dei suoi occhi. Ma il primo giorno di scuola conosce Margherita e tra loro nasce subito un profondo legame.
Leyla vive con suo padre e una gatta di nome Oliva. La madre non è morta, ma, quando Leyla era ancora molto piccola, è partita per vedere il mondo. Leyla è convinta che i suoi occhi le permettano di vedere dove si trova e di osservare ciò che osserva lei.

Anteprima

– 1 –
Leyla aveva gli occhi blu. Erano proprio blu. Non azzurri. Non celesti. Blu. Più blu dell’acqua del mare più profondo. Più blu del cielo quando il sole va a dormire e lascia spazio alle stelle. Più blu del blu. Erano semplicemente blu. Di un blu mai visto prima.
Leyla aveva undici anni e quel giorno, quel lunedì di inizio settembre, cominciava le medie. Il primo giorno alle scuole medie è molto importante, è un po’ come l’inizio di una nuova vita.
Quando entri nella nuova scuola sei all’improvviso più grande, hai nuovi libri, nuovi insegnanti, nuove materie, ma soprattutto nuovi amici. Era questa la speranza di Leyla: trovare nuovi amici. Già, perché Leyla aveva da poco cambiato città e, a dire la verità, non ne aveva molti neanche nel posto in cui abitava prima. Nella vecchia classe, tutti la prendevano in giro: «Leyla, ti sono finiti due mirtilli negli occhi mentre mangiavi la macedonia?» gridavano sempre per prendersi gioco di lei. Le rubavano la merenda, le facevano il verso quando la maestra la interrogava. Le rovinavano persino i disegni riempiendoli di inchiostro. Naturalmente di inchiostro blu!
Leyla non capiva perché dovessero prenderla in giro così. Cosa c’era di divertente nei suoi occhi? Erano blu, sì. E allora? La gente normalmente ha gli occhi castani, verdi, tutt’al più azzurri. Mai blu. D’accordo. Era una sua caratteristica e ne andava fiera. Ma la gente attorno a lei non lo capiva. Persino sua nonna, la signora Elvira, ogni volta che la vedeva, diceva: «Ecco la mia nipotastra, con quegli occhi…» E si fermava lì. Ma Leyla sapeva che la nonna avrebbe volentieri continuato la sua frase.
Solo suo padre, un uomo solitario e silenzioso, ma molto buono, non ci faceva caso. Ogni volta che la piccola piangeva perché qualcuno la trattava male, se la prendeva sulle ginocchia e le raccontava una storia. Leyla, ascoltandolo, si tranquillizzava e molto spesso si addormentava.

– 2 –
E così, quel lunedì di inizio settembre, Leyla uscì di casa con tanta speranza in cuore: chissà se si sarebbe trovata bene nella nuova classe. Avrebbe tanto desiderato trovare un’amica. Una sola, sarebbe stato sufficiente. Ma Leyla, a dire la verità, non desiderava un’amica qualsiasi. Leyla sognava la migliore amica. L’amica per la pelle. L’amica del cuore. Quella con cui passare interi pomeriggi in camera, a raccontarsi ogni segreto. Quella con cui ridere, scherzare e, magari,  anche piangere, se ce ne fosse stata la necessità. Non un’amica qualsiasi. Una sorella.
La nuova scuola si trovava a dieci  minuti di strada da casa di Leyla, nello stesso quartiere in cui avevano traslocato qualche giorno prima lei e suo padre. Quel giorno i due uscirono molto presto. A Leyla piaceva tantissimo respirare l’aria fresca del mattino, camminare con il naso all’insù e gli occhi bene aperti per cogliere tutto quello che la nuova giornata le avrebbe regalato. E, perché no? Magari anche mangiarsi una ciambella prima di entrare a scuola.
Quando l’aula magna si fu riempita, la dirigente chiese il silenzio e diede agli studenti e ai loro genitori il benvenuto e qualche breve avviso. Poi, un po’ alla volta, i ragazzi furono chiamati ad alzarsi e a seguire un professore che li avrebbe portati ciascuno nella propria classe.
«Allora, bambina mia, divertiti e impara tante cose nuove!» disse il papà di Leyla a sua figlia salutandola.
«Papà, tu credi che saranno più buoni con me, in questa nuova scuola?» gli chiese lei, preoccupata.
«Non lo so, Leyla, lo spero tanto. Ma, qualsiasi cosa accada, ricordati sempre che sei una persona speciale e che, prima o poi, qualcuno se ne accorgerà. E quella persona sarà davvero molto fortunata ad averti trovata.»
Leyla abbozzò un sorriso, diede un bacio sulla guancia a suo papà e seguì i suoi compagni per i corridoi della scuola.

– 3 –
«Benvenuti nella vostra nuova scuola, ragazzi! Tanto per cominciare, mettiamo subito in chiaro che è vietato l’uso dei telefoni cellulari e di qualsiasi altro marchingegno elettronico per tutta la mattinata, intervallo compreso. Poi, mi auguro che abbiate tanta voglia di studiare e di impegnarvi, altrimenti per voi saranno guai! Mi chiamo Arturo Dolci e sarò il vostro professore di italiano, storia e geografia per i prossimi tre anni. Vi consiglio di fare sempre quello che vi chiedo, ascoltare senza perdervi una sola parola, prendere appunti con precisione, ricopiarli poi a casa, studiare e prepararvi con costanza, perché io, a bocciarvi, non ci metto niente» e, dicendo questo, il professore fissava i ragazzi negli occhi, uno a uno.  
Arrivato con lo sguardo a Leyla, rimase un po’ stupito nel vedere il colore dei suoi occhi e la serena profondità con cui lo stava osservando, si fermò un istante ma poi riprese a parlare, senza fare commenti.
«Prendete il diario e annotatevi il materiale, cui dovrete assolutamente provvedere già per domani, non ammetto eccezioni: un quaderno a quadretti con copertina verde per geografia, lo stesso ma con copertina blu per storia, due quaderni a righe per italiano e grammatica, entrambi con copertina rossa, un altro quaderno con copertina trasparente per prendere appunti e, naturalmente, tutti i vostri libri di testo. Vi è chiaro?»
Naturalmente nessuno fiatò.
Dopo di lui si presentò la professoressa di matematica e scienze, una donnina minuta, con la voce stridula, forse un po’ nervosa ma tutto sommato simpatica. Diede pochi avvisi, fece l’appello per imparare i nomi dei ragazzi, poi partì subito con il programma di aritmetica.
Poi fu la volta della professoressa di arte, una donna che tutti a scuola ritenevano molto strana. Portava un enorme cappello nero con una piuma verde, non lo toglieva neanche in classe e parlava sempre come se stesse  recitando una infinita poesia.

Sostenitori

Angela bertoldi
Anna
Anonimo
Anonimo
Anonimo
Anonimo
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Biljana Kovacevic
Chiara Leveghi
Cristina
Federica
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Gabriella
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Lucia
Maria B.
Renata
Simo
Valentina Hrovatin
Yle e Paolo
Ylenia Gobbo
Zia B.
nicoletta pegoretti

Aglaia

Aglaia Merkel Bertoldi è nata a Berlino nel 1990 ed è poi cresciuta a Trento, dove ha seguito numerosi corsi di musica e teatro. Ha conseguito la laurea triennale e magistrale in Traduzione Specialistica e Interpretazione di Conferenza presso la “Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori” dell'Università di Trieste (tedesco, francese e neerlandese) con una tesi sull'apprendimento delle lingue e della musica in bambini e adulti. Diplomatasi poi in Direzione di Coro e Composizione Corale presso il Conservatorio “Giuseppe Tartini” di Trieste, e nel master in direzione di cori di voci bianche e giovanili presso il “Mozarteum” di Salisburgo, studia arpa presso il Conservatorio “Giuseppe Tartini” di Trieste ed è iscritta alla Laurea Magistrale in Discipline della Musica e del Teatro presso il DAMS di Bologna. A Trieste dirige un coro di voci bianche e un coro giovanile e insegna teoria della musica e avviamento alla musica. Ha all’attivo una raccolta di venti brani tradizionali europei trascritti per voci bianche dal titolo “Cantiamo l’Europa”, pubblicata nel 2020 dalla casa editrice Progetti Sonori. Per la stessa sta lavorando a una nuova raccolta intitolata “Cantiamo l’Africa” e a due testi di teoria della musica per la scuola primaria.